Negli ultimi anni i governi hanno individuato in 35mila euro lordi annui, vale a dire circa 2.000 euro netti per tredici mensilità, il limite di reddito oltre il quale il contribuente deve sostenere sé stesso, la propria famiglia e anche coloro che vivono di bonus, sussidi e prestazioni gratuite, senza che ci sia un adeguato controllo per valutare che, chi ne beneficia, ne abbia effettivamente bisogno, comprendendo quindi il nutrito popolo degli evasori.
Nel frattempo, il nostro Paese continua a basare tutte le politiche sociali sui redditi lordi dichiarati che non rappresentano un quadro fedele della realtà visto che solo il 14% degli italiani dichiara almeno 35mila euro di reddito lordo e paga il 63% di tutta l’Irpef. Il resto rimane quasi totalmente a carico di lavoratori dipendenti e pensionati.
Inoltre, non è più tollerabile che, a coloro che hanno un reddito pensionistico superiore a 4 volte il trattamento minimo Inps, venga applicata persistentemente una tassa occulta derivante dal mancato riconoscimento della perequazione spettante.
Chiediamo quindi di salvaguardare il ceto medio italiano che costituisce il motore della nostra economia, la parte intraprendente e produttiva che genera PIL, posti di lavoro, crea nuove aziende e, ciò nonostante, da troppi anni è oggetto di ripetuti provvedimenti falsamente redistributivi ed è orfano di un’attenzione politica.
Chiediamo di fermare questo accanimento prodotto da reiterate vessazioni che negli ultimi 20 anni ha comportato una progressiva riduzione del ceto medio e ha visto scadere valori fondanti come il merito e il dovere, mentre è cresciuto a ritmi preoccupanti il numero di coloro che usufruiscono di misure assistenziali senza averne realmente diritto.
Chiediamo un Paese più equo e giusto in cui tutti partecipino in base alla propria reale capacità contributiva, stanando furbi e disonesti, per pagare meno e pagare tutti; un Paese più inclusivo che punti su lavoro e crescita in imprese più produttive, retribuzioni più elevate e pari opportunità per giovani e donne.
FIRMIAMO
- Per sostenere il potere d’acquisto delle pensioni: applicare la perequazione per scaglioni in base all’art. 34 comma 1 legge 448/98 e all’art. 69, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. (rivalutazione al 100% per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, al 90% per importo compreso tra tre e cinque volte il trattamento minimo e al 75% importo superiore a cinque volte il trattamento minimo), abolendo il calcolo per fasce.
- Per dare trasparenza e consentire la reale sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico: separare in maniera contabile la previdenza dall’assistenza;
- Per dare maggiori opportunità di crescita retributiva: abolire il divieto di cumulo fra redditi e pensioni di qualsiasi tipo in applicazione dell’art. 19 del decreto-legge 112/2008.
- Per valorizzare i contributi previdenziali versati dai lavoratori: eliminare i tetti sulle prestazioni pensionistiche anticipate (art. 24 comma 11 DL 6 dicembre 2011 n. 214 e Legge 92/2012)
- Per una maggiore equità fiscale: eliminare il meccanismo di riduzione progressiva delle detrazioni fiscali in relazione al reddito, individuato dall’art.1 comma 629 Legge 27 dicembre 2019, n. 160.
- Per aumentare le risorse disponibili a famiglie e imprese: rivedere la progressività delle aliquote Irpef al fine di evitare disparità di trattamento fra le diverse categorie di lavoratori.
- Per rafforzare il welfare pubblico a sostegno di chi ha effettivamente bisogno: attivare una vera lotta all’evasione fiscale, utilizzando tutti i dati disponibili ed evitando i condoni.